Cotto e guardato: nuove ossessioni (ormai ci sono dentro)
Che dire follettini e follettine, ogni tanto riciccio fuori a sorpresa come una banconota da cinque euro in fondo alla tasca dei pantaloni: non ti cambia la vita, ma dà una certa soddisfazione.
[Sì, mi sono spostata di nuovo. No, non sono sicura che sarà l’ultima volta.]
Nell’arco del 2023 ho visto parecchie cose di cui voglio parlare e sono di nuovo qui con le recensioni di cui non sentivate il bisogno: dai, lo so che vi sono mancata. Vero? VERO?
Continuo a mescolare generi e provenienza di quello che guardo senza un criterio particolare, lasciandomi guidare dall’istinto o dalla mania del momento. Ora mi sto approcciando ai film action indiani e mi divertono tantissimo (non sarò mai abbastanza grata a I 400 calci, che da ormai 15 anni mi indica la via dei film di menare). Prima di portarvi in India però c’è un po’ di horror (mai troppo spinto, ché ho un numero di mutande limitato), il ritorno in grande stile di Doctor Who e un film pettinatissimo che per qualche giorno ha riempito la mia bolla social.
THE HAUNTING OF HILL HOUSE (2018, NETFLIX)
L’effetto catartico del guardare robe di paura per esorcizzare gli orrori reali è assodato, e non sta a me spiegarvi qualcosa che sapete già. Fatto è che ogni tanto sento il bisogno di farlo - sempre di giorno ovviamente, che va bene la catarsi, ma se li guardo di notte poi mi caco.
Visto che Midnight Mass mi era piaciuta tanto, mi sono finalmente fatta coraggio e ho recuperato la versione di Mike Flanagan di Hill House, che tenevo ferma in lista con un certo timore: il libro di Shirley Jackson - stupendo - su cui è basata la serie è stato uno dei pochissimi libri di genere che mi hanno messo davvero ansia.
Una cosa tira l’altra e sono andata avanti con Bly Manor, anche perché nel frattempo stava per uscire House Usher, e a quel punto ci avevo preso gusto.
Mike Flanagan, accomodati da quella parte con Ryan Murphy: benvenuto nella mia personale hall of ossessioni.
Dunque eccomi qui che con disinvoltura vi parlo di una serie del 2018 come se fosse uscita quest’anno per dirvi che avevano ragione tutte quelle persone che hanno detto che è un capolavoro. E brava, direte voi. Grazie, dico io.
Come nel romanzo, la paura ha le radici nell’angoscia esistenziale che pervade tutta la famiglia disfunzionale protagonista. I jumpscare ci sono (alcuni davvero ben assestati), ma riescono a essere funzionali alla narrazione e non puro mezzo di genere. La storia una volta sviluppata diventa commovente e il largo respiro del formato seriale non allunga il brodo ma anzi ci fa entrare sempre più in sintonia con ogni membro della famiglia, a cominciare da Nell. La casa infestata, topos gotico per eccellenza, incombe e avvolge e segna il destino di ogni personaggio in questo horror raffinato e intelligente, che fa davvero paura perché tocca nel profondo dell’animo umano.
THE HAUNTING OF BLY MANOR (2020, NETFLIX)
Giro di Vite di Henry James è il romanzo alla base di questa seconda serie dell’antologica The Haunting: di nuovo una casa infestata e di nuovo una rilettura moderna del romanzo gotico. Qui il genere horror, seppur presente, lascia spazio al (melo)dramma soprannaturale e le atmosfere rarefatte e inquietanti che abbiamo imparato a conoscere in Hill House pervadono il maniero e il paesaggio che lo circonda, fino al quel piccolo lago brumoso che assumerà un ruolo centrale. C’è molta solitudine e isolamento tra i personaggi che popolano Bly Manor, sia tra quelli vivi che tra quelli morti, e noi non possiamo fare altro che empatizzare con i loro tormenti.
THE FALL OF THE HOUSE OF USHER (2023, NETFLIX)
Non è uno spoiler: alla fine muoiono tuttз, e questo è dichiarato dalle prime inquadrature. La vera suspance è costruita sul quando e sul come, con i titoli degli episodi che richiamano i racconti di Poe, lasciandoci prevedere perlomeno il contesto, se conosciamo la storia originale. Il destino è già scritto, e tutto il racconto ruota intorno a questo.
L’approccio narrativo che Flanagan ha adottato nei due capitoli di The Haunting e in Midnight Mass si adatta perfettamente a questa rilettura in chiave moderna dei racconti gotici di Poe, declinati su temi strettamente legati all’oggi, come il narcisismo, la bioetica, la dipendenza da farmaci, in una struttura narrativa complessa e circolare.
In ultimo, qui troverete il miglior monologo sui limoni che potrete mai ascoltare, secondo solo a quello del tizio che non andrà più a votare.
SALTBURN (2023, PRIME VIDEO)
Continuo a non capire tutto questo hype per Emerald Fennel, se devo essere sincera. Saltburn ricorda un po’ Parasite e un po’ Il Talento di Mr. Ripley, ma la vostra affezionata non è rimasta particolarmente colpita dalle scene che hanno destato tanto scalpore. Sarà che ormai sono vecchia e insensibile. Ma se voi siete fragilinз, sappiate che alcune sequenze possono essere disturbanti - credo.
Il mio modesto parere è che le scene più forti siano state create a tavolino per provocare reazioni e conversazioni sul film (tentativo perfettamente riuscito) e lo spiegone finale mi è sembrato del tutto superfluo, bucando in pieno il fattore sorpresa, che non c’è proprio.
Per quel che mi riguarda, ho avvertito il messaggio del film (eat the rich) un po’ retorico e sicuramente meno urgente di quello di Promising Young Woman, che mi è piaciuto di più (ma non tanto da strapparmi i capelli).
Saltburn sembra volerci dimostrare che gli aristocratici sono degli psicopatici e che per abbatterli ci vuole uno più psicopatico di loro, ma non so quanto questa tesi possa essere costruttiva alla lunga, anche perché le reali motivazioni di Oliver io non le ho colte del tutto, né mi interessa più di tanto coglierle.
Nonostante tutto sono qui a consigliarvi di guardarlo, perché devo ammettere che dopo averlo visto mi è venuta voglia di parlarne, seppur male, quindi in qualche modo ha funzionato. L’atmosfera vampiresca, la fotografia in stile Tumblr e il cast salvano il film e Barry Keoghan è bravissimo a giocare con il suo personaggio: il balletto finale sulle note di Murder on the Dance Floor è la scena più riuscita del film.
DOCTOR WHO SPECIALS (2023, DISNEY+)
Aspettavo con ansia il ritorno di Russell T Davies alle redini di Doctor Who, perché la direzione di Chris Chibnall non mi era piaciuta per niente. E come speravo uno dei miei autori preferiti non mi ha lasciata delusa: finalmente sono libera di tornare a essere una whovian a tutti gli effetti (ché la mia fede era parecchio vacillata).
Il ritorno di David Tennant, questa volta come 14° Dottore, segna il passaggio di consegne e il drastico cambio di registro autoriale: la serie, che con lui e la storica companion Donna Noble ha festeggiato il sessantesimo anniversario, dimostra ancora di poter stare al passo coi tempi, anzi: dimostra di nuovo di essere un passo davanti agli altri.
Il 15° Dottore, interpretato da Ncuti Gatwa, già amato come Eric in Sex Education, porta alla serie una grande freschezza e una piccola rivoluzione: è il primo Doctor nero e il primo apertamente queer (guardate questa scena). La rigenerazione stessa che lo porta alla luce assume un significato tutto nuovo, per nulla in contrasto con la storica apertura verso “l’altro” che questa serie ha sempre avuto, ponte perfetto tra passato e futuro. Non posso fare altro che aspettare trepidante la nuova stagione che dovrebbe arrivare in primavera.
RRR (2022, NETFLIX)
Dopo aver guardato RRR ho sentito il bisogno di parlarne con chiunque, ma nessuno l’aveva visto o aveva intenzione di farlo. Ferita e abbacchiata, ci riprovo qui: andate a vedere questo film che fa impallidire i film Marvel (sì, l’ho detto).
RRR (che sta per Rise Roar Revolte) dura tre ore e io lo avrei guardato per altre tre ore. È un film che contiene tutto e lo contiene bene: il dramma storico, la buddy comedy, l’action più esagerato e sopra le righe, la rivalità, la rivolta, (il ruggito), i colonialisti britannici cattivoni e alcuni dei combattimenti più fomentanti che abbia mai visto in vita mia. Scenografie pazzesche, CGI a volte mediocre ma sempre credibile, eroismi, machismi e Naatu Naatu, che ha vinto l’Oscar come miglior canzone e che non ti lascia i piedi fermi neanche dopo che è finita. Ma l’Oscar se lo meritava il film.
Oh, io mi sono convinta da sola e ora vado a rivederlo. Vi lascio il trailer.
JAWAN (2023, NETFLIX)
Se devo trovare un difetto in RRR, è che le donne sono relegate sullo sfondo con ruoli funzionali ai due protagonisti: non è così in Jawan, dove, pur contribuendo a massimizzare la centralità del protagonista Shah Rukh Khan (noto anche come SRK), hanno ruoli definiti e di rilievo. Il protagonista assoluto resta comunque SRK, che in patria è tipo Dio e che qui, in un doppio ruolo che non sto a svelarvi, risolve i problemi del popolo indiano in poche abili e agili mosse, mettendo in scacco il governo ladro e bugiardo come un moderno Robin Hood, che ruba allo Stato per dare al popolo, in una storia potentissima di rivalsa e di vendetta intrisa di badassaggine ai massimi livelli.
Del resto Vikram Rathore è così badass che quando le bende in testa gli vanno a fuoco i capelli escono intatti. Vikram Rathore è così badass che combatte con il sigaro in bocca e questo non si consuma ma si allunga. Vikram Rathore è così badass che mentre tiene in ostaggio un’intera metropolitana fa un balletto in attesa di ottenere il riscatto.
Il trailer non rende l’idea, ma guardatelo fino all’ultima scena per cogliere anche l’ironia di cui è capace questo film. E poi andate a vedere il film.
PATHAAN (2023, PRIME VIDEO)
Diventata nel giro di una serata bimba di Shah Rukh Khan (58 anni appena compiuti e Brad Pitt gli spiccia casa), eccomi qui a parlarvi di Pathaan, film spionistico denso di patriottismo e tamarraggine in stile Hollywood anni ‘80 che fila via liscio dall’inizio alla fine senza mai annoiare un attimo e che omaggia esplicitamente il Mission Impossible 2 di John Woo.
Qui i cattivi sono quelli dell’ISI (intelligence pakistana), che assoldano Jim, un mercenario indiano senza rivali incazzato nero con Madre India, cui ovviamente può tenere testa solo Pathaan, agente segreto che ha messo insieme un team speciale che fa capo a una donna.
Fatto interessante, e che approfondirò al più presto, è che questo film fa parte di un universo spionistico espanso insieme a pellicole dal titolo Tiger (altra spia che qui appare in un cameo molto godibile e divertente) e War. Devo solo organizzarmi, ma è questione di giorni. BRB.
E anche di questo favorisco il trailer.
Avrete notato che uso le ə per il singolare e le з per il plurale. Non è un vezzo ma una delle convenzioni attualmente in uso per evitare di usare il maschile sovraesteso e per adottare un linguaggio più ampio e non esclusivo: la lingua italiana si sta evolvendo e vale la pena fare un piccolo sforzo per iniziare ad abituarci. E poi dà fastidio ai giambruni.
Quanto vorresti che la tua vita fosse un film di Bollywood? Io TANTISSIMO.