La rubrica che si ripresenta come i peperoni.
Già sono in ritardo, non perdiamo tempo con i convenevoli! Questo mese c’è poca roba ma tutta di qualità, signora mia!
SEX EDUCATION (NETFLIX)
Non è semplice raccontare l’adolescenza con profondità e leggerezza allo stesso tempo, senza moralismi e con ironia.
Sex Education ci riesce in pieno: racconta di temi fondamentali come il sesso, l’accettazione di sé, l’inclusività attraverso la lente di una narrazione divertente e leggera (spesso proprio spassosa), lasciando il giusto spazio a tuttə i personaggə nell’arco delle tre stagioni. E lo fa con grande umanità, mai con indulgenza e sempre con affetto.
Tuttə i personaggiə di questa serie hanno in comune il fatto che affrontano la propria vulnerabilità senza respingerla, sempre con l’aiuto di qualcunə che diventa insieme a loro energia e sostegno e coraggio: questo diventa uno dei punti di forza della serie, che nella coralità (anche quando si perde qualche pezzo), costruisce una struttura solida e mai noiosa.
SQUID GAME (NETFLIX)
La serie Netflix del momento non è una sòla che piace a pochi e che si finisce per guardare perché ne parlano tutti: è davvero una serie imperdibile, stratificata e spiazzante.
Non voglio rivelare troppo perché, se non l’avete ancora vista, vale davvero la pena arrivarci un po’ impreparati.
Basta sapere che questa è una serie sudcoreana in cui 456 disperatə e marginalizzatə dalla società vengono coinvoltə in un esperimento sociale sadico e grottesco: devono partecipare a sei giochi tipici dell’infanzia, a cominciare da “Un, due, tre, stella”. Per chi non supera il gioco l’eliminazione è definitiva. Chi supera tutte le prove però ottiene giusto due spicci, 45,6 miliardi di won (l’equivalente di circa 33 milioni di euro). In pratica: la vita di ogni giocatorə vale 1 milione di won, cifra che alla sua morte viene versata in contanti dentro un enorme salvadanaio a forma di porcellino, appeso nello stanzone che fa da dormitorio come monito e memoria per chi riesce a sopravvivere.
Un survival, quindi, che richiama Saw, Hunger Games o uno dei miei film preferiti, Battle Royale, ma che si distingue dagli altri del genere perché, oltre a farsi denuncia sociale, diventa una riflessione che contrappone l’altruismo all’egoismo, dove, in una realtà che ti costringe a pensare alla tua sopravvivenza (e al monte premi), la domanda è: in una situazione come questa è possibile mantenere un po’ di umanità?
MIDNIGHT MASS (NETFLIX)
Non è facile parlare di questa bellissima mini serie senza spoilerare, anche perché la cosa succede alla fine del terzo episodio (quindi molto presto) e da lì in poi è difficilissimo fermarsi fino al finale.
Scritto e diretto da Mike Flanagan, regista di Hill House e Bly Manor (che prima o poi avrò il coraggio di guardare), è un horror che inquieta molto ma non spaventa (tranne un saltone che ho fatto a un certo punto, perché mi lascio sempre fregare dagli effetti sonori).
Prima di iniziarlo avevo letto quanto questo fosse un omaggio al maestro Stephen King da parte del suo allievo, e in effetti il Re è riconoscibile in parecchi elementi: la comunità isolata (letteralmente: siamo su un’isola), l’alcolismo, il fanatismo religioso (Bev in particolare mi ha ricordato la madre di Carrie), e soprattutto la cosa che non posso dire che sconvolge le vite sopite dei 127 abitanti di Crockett Island, isola che ricorda tanto il Maine, soprattutto una certa cittadina che non posso rivelare, e sapete perché? Esatto, per la cosa.
E allora cosa posso dire? Che come in tutti gli horror c’è una doppia lettura, quella più superficiale, di puro intrattenimento, e quella più profonda, ma non nascosta, con cui si porta avanti il tema principale, ovvero la paura più ancestrale di tutte: la paura della morte [qui ci sta l’effetto sonoro della Zingara e della Luna Nera, ve la ricordate?].
È interessante (e attuale) la riflessione su ciò che siamo disposti a credere pur di annientare la paura della morte: a come in certi contesti chiusi, dove non è possibile confrontarsi con il “mondo reale”, il fanatismo (religioso) sia in grado di costruire una spiegazione (che si trasforma in un atto di fede) e ad accogliere ciecamente qualcosa da cui invece dovremmo proteggerci e da cui dovremmo scappare a gambe levate.
Non posso dire di più: guardate Midnight Mass!
NOVE PERFETTI SCONOSCIUTI (PRIME)
Su Prime c’è questa mini serie con i capelli di Nicole Kidman. Gli autori sono gli stessi di Big Little Lies e The Undoing, quindi le aspettative erano altissime.
I “nove perfetti sconosciuti” del titolo sono quelli che arrivano in un resort di lusso dove Masha, enigmatica guida spirituale dai capelli fluenti, applica metodi ben poco convenzionali per aiutare queste persone a ritrovare tranquillità e benessere.
Ambiguità! Misteri! Sofferenze sopite! Di episodio in episodio, iniziamo a scoprire le ferite da cui i protagonistə cercano di guarire, ferite il più delle volte rinnegate e portate alla luce dall’accento russo di Nicoletta, che come i suoi ospiti sopporta un bagaglio di dolore niente male.
Fin dal primo episodio ho avuto l’impressione che la pace di Tranquillum House si sarebbe trasformata da un momento all’altro in un thriller, cosa che però non accade mai, o almeno mai del tutto. Le tensioni ci sono ma si risolvono sempre in fretta, mentre cresce l’empatia nei confronti dei pazienti, in particolare per la famiglia Marconi.
È questo un raro caso narrativo in cui il viaggio vale più della destinazione: la forza di questa serie è tutta nel cast di altissimo livello e nelle storie dei singoli personaggə, mentre la trama si sfilaccia verso un finale anticlimatico che mi ha lasciata abbastanza fredda.