In cui continua la mia bulimia murphyana.
Da qualche anno dicembre è per me un mese storto, ci arrivo senza forze mentre lui si gonfia di ansia e di attese e di ricordi ancora difficili da richiamare. Ma: questa volta è l’ultimo mese del 2020, aspettiamo tutti con il cuore gonfio di speranza il 2021, che già mi fa un po’ pena per tutte le aspettative di cui lo stiamo caricando.
Di una cosa sono certa: abbiamo bisogno di un anno che ci tratti con più gentilezza e che ci regali un po’ di leggerezza.
Questo è l’unico augurio che mi sento di fare ❤.
Iniziamo con un po’ di leggerezza, che ne dite?
FEUD: BETTE AND JOAN (DISNEY+)
Parlando di Ratched lodavo il fatto che Ryan Murphy avesse dato valore ad attrici mature: ignoravo che lo aveva già fatto tre anni fa con questa mini serie (perdoname Ryan por mi vida non cronologica), il cui tema centrale è proprio questo. Negli anni ’60 Bette Davis e Joan Crawford sono due grandi attrici in declino, ignorate da Hollywood perché troppo vecchie: in cerca di riscatto, e nonostante i loro vecchi rancori, danno vita al film Che fine ha fatto Baby Jane?, esperienza che non farà altro che portare all’estremo la loro faida e i demoni che cercano di combattere.
Già nel primo episodio viene dichiarata la verità che si nasconde dietro l’odio che le due attrici provano l’una per l’altra (la cui origine viene volutamente ignorata): le faide non riguardano mai l’odio, riguardano il dolore. E una grande sofferenza percorre tutti gli episodi: Davis ha sempre dovuto combattere per far valere il proprio grande talento, in un’industria che predilige l’avvenenza. Crawford da una parte non accetta di invecchiare e di perdere la propria bellezza, su cui ha sempre potuto contare, mentre dall’altra subisce il fatto che il suo talento è sempre stato oscurato dal suo aspetto.
Mini serie bellissima, a partire dai titoli di testa fino alle ricostruzioni, ma soprattutto grazie alle due protagoniste: guardare recitare Susan Sarandon e Jessica Lange (rispettivamente 74 e 71 anni) è una gioia per gli occhi e per lo spirito.
AMERICAN HORROR STORY: FREAK SHOW (PRIME VIDEO)
Stabiliamo subito l’ovvia morale della storia: i veri mostri sono quelli all’apparenza normali. Niente di nuovo, se si pensa a Freaks del 1932 (che è in streaming su Prime).
I mostri, i diversi, quelli che fanno paura, sono esseri umani e in quanto tali cercano un’appartenenza, si radunano tra loro per sentirsi al sicuro, diventano una famiglia. Cercano amore. Non è quello che facciamo tutti?
Il clown si è rivelato effettivamente inquietante come temevo, ma la sua background story lo restituisce all’universo dei freaks, dandogli una dignità inaspettata.
Qui c’è tutto quello che mi piace di questa serie: il gusto per l’eccesso, l’estetica ineccepibile, il circo (scusate) di trame e sottotrame che si intersecano tra loro, la musica moderna in contrasto con l’ambientazione del 1952 (Jessica Lange/Elsa Mars che canta Life on Mars con accento tedesco è una meraviglia).
Ci sono anche dei gustosi riferimenti alle passate stagioni, cosa che mi aspettavo e che ho apprezzato molto, perché sono una sempliciona.
Qui il trailer, che dà un’idea di quanta roba c’è in questo show.
THE MANDALORIAN S02 (DISNEY+)
[SÌ, DI NUOVO.]
C’è chi per questo finale ha urlato al fan service, ma ecco, no, è esattamente l’opposto: due veri fan si sono messi al servizio di Star Wars, restituendone l’epica, la costruzione narrativa, l’entusiasmo.
Questa è la via per raccontare Star Wars.
Favreau e Filoni sono rimasti fedeli alla mitologia originale, e hanno capito che succhiare l’ultima goccia di energia alla saga è inutile, se non controproducente: conoscono la ricchezza del mondo espanso di Star Wars, ricco di storie e ambientazioni, di avventura e sentimenti degni di essere narrati senza perdere credibilità.
Restano fedeli allo spirito originale, dicevo, ma con una vitalità assolutamente moderna, dove le donne combattono alla pari degli uomini. Lo sottolineo: alla pari. In nessun modo viene esasperato il fatto che siano donne, è solo un dato di fatto. (In verità quando ho scoperto che Ming-Na Wen ha 57 anni ho avuto un mezzo mancamento).
Queste due stagioni hanno raccontato un arco narrativo completo e perfetto. Non so di cosa parlerà la terza stagione, ma io ci credo.
AMERICAN HORROR STORY: HOTEL (PRIME VIDEO)
Buchi di trama come voragini, un certo elemento basilare ripreso paro paro dalla prima stagione: anche se ho imparato ad accettare il mondo di AHS così com’è, devo ammettere che certe mancanze di logica mi hanno un po’ infastidita.
In Hotel siamo al limite dell’esercizio di stile e del manierismo: l’effetto sorpresa inizia a mancare, perché ormai siamo abituati all’eccesso e al parossismo, e anzi ne vogliamo sempre di più.
Parliamo di Lady Gaga: fa Lady Gaga, però vampira. Mi è piaciuta perché è così che mi aspettavo di vedere Mother Monster. Ma non sarebbe stato più sorprendente vederla nei panni della receptionist Iris o della tossica Hipodermic Sally?
E poi in una serie così disturbante, che fa vedere cose sempre al limite*, possibile che i capezzoli siano censurati coi glitter adesivi? Eddai, essù.
La colonna sonora new wave è stupenda, però: vampiri e musica new wave? Non è una scelta un po’ ovvia? O è la scelta giusta?
Ho elencato solo alcuni dei difetti di questa stagione, ma nel complesso mi è piaciuta, l’ho trovata godibile e divertente, nonostante le cose che ho detto. Non c’è niente da fare: con AHS bisogna stare al gioco.
* The Addiction Demon che con lo strap-on di metallo rotante violenta Schmidt di New Girl è notevole, e come metafora della dipendenza non è male.
SOUL (DISNEY+)
Forse non è un capolavoro (e non conosco abbastanza i film Pixar per fare paragoni), ma è sicuramente un bellissimo film, che si presta a diverse letture. Ognuno è libero di scegliere quella in cui si identifica meglio, non c’è giusto o sbagliato: ho apprezzato il fatto che non ci sia una morale imposta.
È un film sulla ricerca di ciò che ci definisce, ma che ne sa ribaltare la morale: nel momento in cui riusciamo a realizzare il nostro destino, ci rendiamo conto che è la vita stessa a darci ragione d’essere e che sta a noi arricchirla meglio che possiamo. Anche con l’odore della pizza.
BRIDGERTON (NETFLIX)
Feuilleton sentimentale ambientato nella Londra del 1813, prodotto da Shonda Rhimes (quella di Grey’s Anatomy, per il quale ormai è Sindrome di Stoccolma), non è una serie storica, non è una serie imprevedibile, non è una serie intellettuale.
In compenso è una serie di facile binge watching, che prova a sovvertire le regole maschiliste dell’epoca mettendo al centro della narrazione il punto di vista femminile (orgasmi compresi), mentre sono gli uomini a essere oggettificati, tutti belli e con i capelli phonatissimi.
È anche una serie ucronica: la Regina Charlotte è mulatta (fatto storico, secondo alcuni studiosi) e non c’è alcuna disparità etnica tra i personaggi.
Il tutto è condito da una colonna sonora moderna travestita da musica classica: ai balli si suona la versione orchestrale di Ariana Grande e Billie Eilish.
THE PROM (NETFLIX)
Commedia dei buoni sentimenti, in cui tutto è bene ciò che finisce bene, la vera notizia qui è che ho guardato un musical e mi sono pure divertita.
OKTOBERFEST: BIRRA E SANGUE (NETFLIX)
Mini serie basata su una storia vera (almeno questo è quanto dichiarato all’inizio di ogni episodio, in realtà la storia vera si basa sul fatto che esiste l’Oktoberfest e solo i sei birrifici più importanti di Monaco possono avere i loro tendoni), vede protagonista un uomo privo di scrupoli che per ottenere quello che vuole (uno stand tutto per sé) compie le azioni più abbiette, tipo ammazzare un gattino (un gattino! Ma vi rendete conto fino a dove può arrivare?!?).
Poi gli cavano un dente guasto e si redime. Giuro.
Serie godibile ma del tutto priva d’impatto, vale la pena guardarla se cercate qualcosa di breve che non richieda grandi sforzi intellettuali.
L’ANGOLO DELLE DELUSIONI
Mi sono beccata in faccia una sequenza di sòle una dietro l’altra, tanto che ho deciso meritassero una sezione a parte.
DASH & LILY (NETFLIX)
Non so perché ho iniziato questa serie (per la quale sono leggermente fuori target), ma c’è stato subito un pentimento forte.
Cose che mi hanno insospettita subito (perché sono scaltra come una faina): già dopo dieci minuti era tutto previsto, la spalla comica di colore mi è sembrata un fastidioso cliché, gli attori adulti che interpretano dei diciassettenni, siamo a New York ma sembra di essere a Diano Marina in inverno (tutti che incontrano per caso tutti), un Jonas Brother come guest star, risvolti di trama stupidi e insulsi.
Su Rotten Tomatoes è ben quotato, sarò sbagliata io? O forse sono troppo vecchia per queste stronzate [cit.].
THE DUCHESS (NETFLIX)
Un’altra sòla potentissima, stavolta ci sono cascata perché è british e sono solo 6 episodi da mezzora (troppi).
All’inizio mi è piaciuta l’idea della madre single schietta e senza filtri, ma si è rivelata ben presto una donnetta illogica e insopportabile. L’adorata figlia è ancora peggio, la prenderei a manate in faccia volentieri.
NORSEMEN (NETFLIX)
Nutrivo molta fiducia in questa parodia di Vikings, ha anche vinto dei riconoscimenti, quindi può darsi che non l’abbia apprezzata perché non ero nella giusta disposizione d’animo. Però all’ennesima figuraccia del capo inetto ho iniziato a trovarla un po’ ripetitiva e a un certo punto mi sono abbioccata.
Per adesso l’ho interrotta, più avanti ci riproverò. Diciamo che io e questa serie ci siamo incontrati nel momento sbagliato, ecco.
THE SNOWMAN (NETFLIX)
Mi piacciono le storie sui serial killer, mi intrigano, sono catartiche, nutrono il mio lato morboso. Questo film invece ha nutrito il mio lato sonnacchioso, persino Michael Fassbender mi è sembrato annoiato.