Le mini recensioni di cui nessuno sentiva il bisogno.
AFTERLIFE (NETFLIX)
Sull’elaborazione del lutto, sul sarcasmo come arma contro il dolore, sul ferire gli altri per non suicidarsi e sull’amore incondizionato dei cani.
Ricky Gervais non si scusa, non cerca una giustificazione. Anche quando fa una certa cosa orribile, non spreca parole per spiegarla.
Non è un racconto salvifico, questo, è il racconto di una quotidianità in cui il tempo passa sempre uguale ma dove ogni giorno è leggermente migliore del precedente.
Se nella prima stagione Tony si fa scudo con il cinismo per non affrontare il dolore, nella seconda stagione inizia ad aprirsi e a accogliere il lutto. È ancora lontano dalla fase di accettazione, probabilmente è più vicino a quella della contrattazione. O almeno ci sta provando.
EUPHORIA (HBO)
Ogni generazione ha avuto il teen drama che si meritava: Beverly Hills, Dawson Creek, Skins. Oggi c’è Euphoria, ed è una delle serie più potenti e crude che ho visto negli ultimi anni.
Depressione, droga, sesso, ricerca dell’identità, solitudine. Questi adolescenti fanno paura a noi adulti, eppure il messaggio che ci mandano è chiaro: il dolore esiste, è lì, assume mille forme e squarcia il cuore, ma un modo per provare un po’ di sollievo - almeno per qualche ora - deve pur essere da qualche parte, e noi li guardiamo mentre sperimentano cercando questo sollievo. Forse molto più consapevoli di quanto fossimo noi alla loro età.
THE BOYS IN THE BAND (NETFLIX)
Ho amato Pose con tutto il cuore e mi sono piaciuti Hollywood e The Politician, per cui ho iniziato a bere avidamente tutto quello che fa Ryan Murphy (prima o poi recupero anche Glee).
Soprattutto quando si tratta di temi queer, Murphy fa di tutto per far sentire rappresentata tutta la comunità, a cominciare dagli interpreti stessi.
Non stupisce quindi che abbia riportato a teatro questa pièce di Mart Crowley del 1968, fondamentale nella cultura LGBT+: prodotto da Ryan Murphy, diretto da Joe Mantello, da lì a Netflix il passo è stato breve.
Stesso cast per il film, che mantiene l’impianto teatrale, in cui battute sempre più feroci e crudeli mi hanno lasciato addosso lo stesso senso di tristezza e solitudine vissuto dai protagonisti.
EMILY IN PARIS (NETFLIX)
Di tutt’altro tenore è questa serie di Darren Star (quello di Sex and the City). Perfetto per una domenica pomeriggio piovosa, da guardare a cervello spento, è dimenticabile, prevedibile, superficiale. Tutti i personaggi sono monodimensionali e costruiti con l’accetta. Parigi è un cliché di perfezione e pulizia (tranne per le cacche che Emily continua a pestare, per strizzare l’occhio a noi orfane di Carrie Bradshaw — non ce n’era bisogno, davvero, grazie per il pensiero!)
Eppure, incredibilmente, mi è piaciuto.
THE CROWN S01 e S02 (NETFLIX)
Sono abbastanza contrariata perché ho dovuto aspettare fino all’episodio 7 per vedere i corgi.
Cos’altro potrei dire? È un capolavoro!
È ovvio che la protagonista è la regina Elisabetta II e la famiglia reale, ma si capisce molto in fretta che al centro di tutto c’è la Corona del titolo e ciò che comporta portarne il peso. Dalle decisioni inumane alla gestione degli scandali, viene tutto supportato dagli attori, che non imitano ma interpretano i personaggi, giocando di sguardi e sfumature e rendendoli in questo modo credibili anche - soprattutto - nelle parti romanzate.
Pare che la Regina segua la serie, e non nego che qualche volta, un pochino, mi sono sentita dispiaciuta per lei: quando il racconto invade la sua privacy, quando riporta a galla vecchi dolori (la morte del padre, certi comportamenti opinabili del Principe Filippo). Come se non sapessi che questa è anche una fiction, come se non sapessi che chiunque sia transitato per Buckingham Palace ha pubblicato un libro con la sua versione dei fatti.
Me ne faccio una ragione e sono già pronta a buttarmi a pesce nella prossima stagione, sia chiaro. Poi c’è Olivia Colman, sto già volando.
MIDNIGHT DINER: TOKIO STORIES (NETFLIX)
Piccole storie, umane, quotidiane, si raccolgono attorno all’ambiente intimo e accogliente della tavola calda, che diventa un’isola e un rifugio dal caos di una metropoli estraniante come Tokyo.
Midnight Diner va guardato con lentezza, un episodio ogni tanto, titoli di testa compresi, che già da soli lasciano entrare nel mood giusto: se avete passato una brutta giornata, se siete in ansia, se avete bisogno di sorridere, se non riuscite a dormire, guardatelo. Vi rimetterà in pace con il mondo, almeno per venti minuti.
RATCHED (NETFLIX)
Avanti con Ryan Murphy!
Ratched è una serie (thriller? horror? gore?) imperfetta, tende a perdersi un po’ per tenere i fili di tutte le sotto-trame, eppure non annoia mai.
Ne ho amato l’estetismo eccessivo, l’uso drammatico dei colori a servizio della narrazione, la colonna sonora hitchcockiana.
Protagoniste assolute sono le donne: complesse, ambigue, indipendenti, fuori dai canoni e fuori dal loro tempo (siamo nel 1947).
Questo cast vede attrici incredibili che hanno superato la mezza età: a dimostrazione che forse a Hollywood stanno facendo dei progressi scrivendo parti intriganti anche per quelle grandi attrici che, passati i cinquant’anni, smettono quasi di lavorare per mancanza di ruoli di livello.
O almeno, questo è quello che Ryan Murphy sta insegnando a Hollywood.
DEREK (NETFLIX)
Sulla scia di After Life, ho guardato questa mini serie, in cui certi temi vengono già anticipati, ma che ho avvertito come forzati.
Ricky Gervais sa come manovrare le tue emozioni, ti fa ridere di un gruppo di disagiati ma poi ti viene il dubbio che siano loro a ridere di te.
Qui non ha la mano delicata di After Life, che ti accompagna verso l’emozione: qui ti dà una spinta bella forte.
Se mi è piaciuto? Gervais mi fa dire di sì.
AMERICAN HORROR STORY - ASYLUM (PRIME VIDEO)
Una suora sadica, un’altra diabolica, un serial killer, gli alieni, un nazista, un esorcismo, degli esseri non meglio identificati tipo zombie, blasfemia a palate, una bambina inquietante, l’angelo della morte, Babbo Natale, preti messi in croce, Dominique-nique-nique-nique, Anna Frank, Pepper, un balletto, breastfeeding, Lana Banana.
Tutto eccessivo e sopra le righe ma in perfetto equilibrio fino al finale.
Ho amato tutto, ma sia chiaro: l’ho dovuto guardare di giorno.
L’ALIENISTA – ANGEL OF DARKNESS (NETFLIX)
In questa seconda stagione l’Alienista riconosce di non essere in grado di capire del tutto la psiche femminile e cede il passo a Sara (personaggio ispirato a Isabella Goodwin), vera protagonista della stagione e femminista ante litteram, che reclama la propria indipendenza con orgoglio e assertività.
La storia gira tutta attorno al tema della maternità: quella imposta, perché è questo che la società si aspetta da una donna, quella strappata via con l’inganno, che porta alla pazzia, quella negata per sempre, e quella non voluta, che porta alla solitudine.
I’m of the opinion that some people shouldn’t have children. They do it because they think they’re supposed to, but it’s not really what they want.
— Sara Howard
THE BOYS S02 (PRIME VIDEO)
Questa serie si conferma divertente, provocatoria e grottesca, ma anche intelligente e politicamente impegnata. Non mancano i riferimenti alla politica odierna (il tema della costruzione dell’odio) e le scene splatter che tanto abbiamo amato nella prima stagione: nonostante siano ormai attese, sono riuscite quasi tutte a sorprendermi e a… divertirmi? Ok, lo ammetto: a divertirmi. Sono una brutta persona, lo so.