Torna la rubrica che non teme la FOMO*!
Marzo è stato un mese strano, complice anche il cambio di stagione che - non so a voi - a me causa sonnolenza e distrazione.
Ho iniziato da una serie mainstream, sono passata a un “horror” di dubbio valore e ho finito per cercare cose leggere da guardare: senza quasi rendermene conto mi sono ritrovata in mezzo ai teenager. E che vi devo dire? Mi ci sono trovata bene. Ma solo perché ero spettatrice, eh! Che solo l’idea di tornare al liceo mi mette ansia.
Disclaimer socioculturale!
Vedrete simboletti strani tipo «ə» o«з»: sto cercando di usare un linguaggio inclusivo evitando di usare il maschile sovraesteso.
Lo faccio perché la lingua italiana si sta evolvendo e vale la pena fare un piccolo sforzo per iniziare tuttə ad abituarci.
Riprendo una frase che avevo usato in un articolo sull’identità di genere: la parola è il messaggio, perché si fa veicolo di intenzioni.
*Acronimo di Fear of Missing Out, la paura di perdersi qualcosa.
WANDAVISION (DISNEY+)
Ormai ne hanno parlato tuttə e arrivo io dopo un mese a dire: “Oh, ma che bella è Wandavision?!?”, e ancora mi aspetto che non siate già presə da The Falcon and the Winter Soldier.
Vabbè. Reference: questa vignetta di Sarah Andersen.
Faccio veloce e dico due cose.
Il formato seriale ha reso possibile per Wanda il racconto di una origin story di ampio respiro, dando spessore a una supereroina che era stata messa un po’ in secondo piano dagli altri Avengers nonostante si fosse dimostrata una delle più potenti.
La stessa struttura seriale ha permesso di giocare con i format televisivi per confonderci le idee (ma che davéro eravate confusə?), costruendo una serie complessa e stratificata, dimostrando da parte di Marvel/Disney capacità di invenzione e fiducia nel proprio pubblico.
E poi la cosa più bella, per me, è che questa è la narrazione di un’elaborazione del lutto in chiave Avengers, dal rifiuto all’accettazione, e qui mi gioco la citazione del mese: “Cos’è il dolore se non amore che persevera?”.
La narrazione del MCU sta portando avanti una riflessione sulla vulnerabilità emotiva dei supereroi (che si sta confermando anche in The Falcon and the Winter Soldier) e questo mi sembra un’enorme presa di posizione e di responsabilità nei confronti dell’importanza anche culturale che l’universo cinematografico Marvel ha acquisito negli ultimi anni.
Ho amato tutto, alla faccia di chi ha rosicato. Wandavision ci dimostra che con la fase 4 del Marvel Cinematic Universe ci sarà da divertirsi.
MOXIE - GIRL POWER (NETFLIX)
Questo film racconta il risveglio della coscienza femminista in un gruppo di liceali in una chiave che riesce ad essere educativa e divertente allo stesso tempo: lo dirige la mia amata Amy Poehler, che ha ben presente il fatto che se qualcosa può cambiare deve rivolgersi agli adolescenti (di ogni genere e identità), per sviluppare in loro la consapevolezza che tuttə hanno una voce da tirare fuori e che ogni voce è valida allo stesso modo.
Così la storia di una timida sedicenne che trova il modo per ribellarsi al clima sessista e tossico del suo liceo diventa una piccola storia virtuosa di cui fare tesoro.
Film per giovani, certo, ma anche per noi adultə che i giovani li stiamo crescendo.
Dov’erano questi contenuti quando io ero adolescente? Forse a quest’ora non starei facendo i conti con un patriarcato introiettato che a volte faccio persino fatica a riconoscere (e dieci anni nel mondo dell’edilizia non mi hanno certo aiutata).
Per fortuna non è mai troppo tardi per crescere e acquisire consapevolezza.
SLASHER STAGIONE 1: L’ESECUTORE (NETFLIX)
I più affezionatə di voi ricorderanno che il mese scorso ho finito American Horror Story. Ho scovato questa serie antologica canadese, il cui titolo lascia pochi dubbi sul genere, e io, in piena astinenza, mi ci sono tuffata in stile Mark Renton quando recupera il metadone (questa la capisce chi ha visto Trainspotting).
Purtroppo non c’è nessuna analogia da fare con AHS (scrisse, grattandosi nevroticamente), anche perché questa serie si prende talmente sul serio che non diverte neanche. Tanto più che ci sono degli elementi così ridicoli che almeno una volta per episodio sono stata tentata di mollarla lì, ma ero troppo curiosa di capire chi era il serial killer: devo ammettere che in questa serie gli omicidi sono gustosamente splatter e i colpi di scena funzionano e ti spingono ad andare avanti.
Prima o poi guarderò anche le altre due stagioni, le tengo da parte per i giorni di crisi (se vi interessa, sappiate che su Netflix le stagioni non sono in ordine).
GLEE (NETFLIX ma anche PRIME VIDEO e DISNEY+)
E quindi per affrontare la mia astinenza e per continuare il mio excursus su Ryan Murphy ho iniziato a recuperare anche Glee, soprattutto perché me lo hanno consigliato due persone che stimo moltissimo (cit. Pina Fantozzi).
Devo ammettere che ci sono arrivata prevenuta, non amando molto i musical (e però The Blues Brothers è uno dei miei film preferiti in assoluto), ma già dal terzo episodio mi sono resa conto che questo club di sfigatə mi ha conquistata.
Cantano molto e cantano bene, la trama è semplice ma accattivante, c’è tutto il camp che mi aspetto da Ryan Murphy, i protagonistə sono ben delineatə e molto divertenti e come se non bastasse c’è un episodio dedicato a Madonna che è perfetto (e dove rifanno il video di Vogue).
Sono solo alla prima stagione, ma so già che Glee terrà al calduccio il mio freddo cuoricino per diverso tempo.
TO ALL THE BOYS I’VE LOVED BEFORE (NETFLIX)
Neanche le commedie romantiche sono il mio genere, e di nuovo mi contraddico perché invece se sono fatte bene le adoro (soprattuto quelle ambientate a New York, possibilmente in autunno o a Natale).
E questa commedia è fatta davvero bene (anche se non è ambientata a New York - ma ci arriva).
Tutte le volte che ho scritto ti amo (titolo italiano) è il primo film di una trilogia e ovviamente è il migliore dei tre, sia dal punto di vista della freschezza della narrazione che da quello della costruzione visiva (che fa da filo conduttore nei tre film, in realtà). Anche gli altri due capitoli sono fatti bene, ma sono un po’ più tradizionali rispetto al primo (fruibile anche da solo senza problemi).
Sono ragionevolmente sicura che la trilogia To all the Boys diventerà uno di quei comfort watch per quando fuori (o dentro) fa freddo e tutto quello che vuoi fare è stare sul divano con la copertina.
Post scriptum: se mai qualcuno me lo chiederà, la versione ufficiale rimane quella secondo cui a me non piacciono i musical e le commedie romantiche. Almeno questo è quello che candidamente continuo a credere di me stessa e penso che sarei capace di negare anche l’evidenza. Oh, well.